mercoledì 22 gennaio 2014

L'assistenza al parto oggi; una gestione integrata:clinica e psicodinamica. (Childbirth today; Integrated management:clinical & psychodynamic)

DOMANDA 1: Come avviene il controllo e la gestione delle gravidanze "presso il termine"?

RISPOSTA: E' ormai nota consuetudine, anche se non giustificata, un'attenta sorveglianza del benessere fetale nell'ultimo periodo della gravidanza fisiologica (normale), a partire dalla 37° settimana in poi. Noi attualmente riteniamo "non adeguato" proporre un programma di controlli strumentali in tali gravidanze "normali" prima della 40-41 settimana. Viene pertanto suggerita una linea di condotta che consiste nell'effettuare una "scrupolosa" valutazione clinica e anamnestica (storia clinica) a 40 settimane compiute, al fine della presa in carico dalla paziente e di eseguire una "stratificazione attuale"del rischio ostetrico: in caso di assenza di tali fattori (basso rischio-low risk pregnancies), si procede ad una valutazione ecografica della quantità di liquido amniotico (massima falda misurabile normale se superiore a 3cm) e ad una cardiotocografia (registrazione computerizzata della frequenza cardiaca fetale) a 41 settimane compiute(40+5/41+1), da ripetere ogni 3-4 giorni. In assenza di anomalie del tracciato e/o della quantità di liquido amniotico (L.A.), la paziente a 41 settimane +4/5 giorni, viene ricoverata per l'induzione del travaglio di parto (previa verifica degli esami ecografici eventualmente prima della 20-22° settimana, al fine di escludere errori di datazione della gravidanza stessa).

DOMANDA 2: Come si effettua la diagnosi di travaglio di parto?

RISPOSTA: E' consuetudine dire che il travaglio presenta sovente una fase prodromica (iniziale) caratterizzata da contrazioni uterine senza evidente dilatazione della cervice uterina (collo uterino). Parliamo invece di travaglio attivo, quando sono presenti contrazioni uterine associate a dilatazione cervicale; s'impone, già in questa fase, un'adeguata sorveglianza delle condizioni fetali, derivandone pertanto la diagnosi corretta di travaglio in atto, un momento importante nell'assistenza al travaglio stesso, al fine di evitarne sotto o sopravalutazioni inadeguate alla condotta ostetrica. Viene considerato pertanto travaglio in fase attiva, allorchè:
- sono presenti contrazioni uterine, avvertite come crampi dolorosi, di durata di almeno 40 secondi, e con una frequenza superiore ad 1 contrazione ogni 10 minuti
- il collo uterino è appianato ( accorciamento >= 80%)
- la dilatazione del collo uterino è maggiore o uguale a 3-5 cm.

DOMANDA 3: Quali sono le tecniche attuali per ridurre il dolore durante il travaglio di parto?

RISPOSTA: Il controllo del dolore in travaglio viene considerato attualmente parte essenziale dell'assistenza ostetrica.
Esistono tecniche del controllo del dolore apprese durante un corso di preparazione al parto (psicoprofilassi ostetrica-ginnastica respiratoria). Dal punto di vista farmacologico, la metodica di elezione è l'anestesia o analgesia epidurale: si tratta di una tecnica che consiste nell'iniettare un analgesico nello spazio epidurale localizzato a livello lombare della colonna vertebrale; in questo punto il tessuto nervoso è rappresentato solo da fibre nervose motorie e della sensibilità, ma non dal
midollo spinale. E' cosi possibile intercettare gli stimoli dolorifici che provengono dalla parte inferiore del corpo, eliminando il dolore provocato dalle contrazioni. Le controindicazioni all'analgesia epidurale non sono molte e riguardano la presenza di alcune malattie preesistenti e alcune complicazioni della gravidanza. Per la procedura, è necessario l'intervento di un anestesista "esperto" che possa sempre essere presente al bisogno; la si inizia a travaglio ben avviato, con contrazioni regolari a dilazione di 3-4 cm.

DOMANDA 4: Viene considerato ancor oggi dalle donne, il dolore da parto, come il problema dei problemi?

RISPOSTA:  Nella maggioranza dei casi il parto é doloroso. Interrogando le donne che hanno partorito, più del 50% di esse riferisce di aver sofferto molto e a lungo. Data la tendenza naturale all' obsolescenza, spesso i ricordi svaniscono è si modificano, in senso migliorativo o peggiorativo e non è detto che corrispondano a quanto realmente accaduto.
Chi ha passato da Ostetrico-Ginecologo tanto tempo nelle sale parto, sa bene che il dolore é un fatto prettamente "personale" e che quindi la sua percezione cambia in rapporto ad una serie di fattori che hanno a che fare più con la componente culturale, la strutturazione psicologica, il condizionamento legato alle differenti capacità percettive di tipo affettivo- emozionale, che ogni donna "elabora" sulla base delle proprie aspettative, del proprio vissuto esperienzale, delle proprie paure.
Ecco che allora, se si considera il dolore come un ' interpretazione "mentale" degli stimoli aggressivi (contrazioni violente, eccessiva rigidità del canale cervicale, travagli lunghi e faticosi) ne deriva che la sofferenza del parto dipende da come la donna avverte gli stimoli afferenti (in entrata) e li "elabora". Possiamo quindi permetterci di considerare il dolore "un nucleo di patologia neurologica circondato da un involucro affettivo" ( C. Flamigni) ove giocano un ruolo importante anche l'ansia, la paura, la sensazione interiore dell'abbandono, un cattivo rapporto con il personale medico. Esiste tutt'ora un dibattito non risolto sull'opportunità di eliminare o comunque di alleviare anche solo parzialmente il dolore da travaglio di parto: non è ancora stato chiarito del tutto se il "ruolo" del dolore sia veramente necessario per costruire il rapporto di genitorialità, insomma il prezzo da pagare per diventare una madre.